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 Zefanias Ndava

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La mia giornata inizia all’alba. Siamo ad agosto, nel pieno dell'inverno e al mattino fa freddo. Io vivo nella periferia della città, in un quartiere di case basse, disposte su di un reticolo di strade sterrate.

Appena alzato riassetto il mio letto, una stuoia di paglia. In casa non abbiamo mobili, solo qualche vecchio tavolo e alcune seggiole. Non abbiamo neppure molti vestiti e li appendiamo al muro. A scuola entro alle dieci e trenta, per il secondo turno. Ma prima di andare a scuola aiuto la nonna a fare qualche lavoro di casa.

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Mi lavo con l’acqua che è rimasta la sera prima. Non abbiamo l’acqua corrente e neppure l’elettricità. Sono lussi che non possiamo permetterci. La casa è stata costruita da mio padre con grandi sacrifici quando lavorava come minatore in Sudafrica e davanti alla casa vi è un piccolo cortile dove la nonna espone la mercanzia che vende. Dietro alla casa abbiamo un piccolo servizio, costruito con le canne di bambù. Faccio la doccia al pomeriggio, quando ritorno da scuola e la temperatura è più calda.

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L’acqua la prendo nella casa di una vicina nata nello stesso villaggio della nonna e che vive a poca distanza da noi. È una brava persona e ci permette di attingere al suo pozzo. Sono fortunato perché molti miei amici, della mia stessa età, devono fare molta strada per prendere l’acqua. Il nostro quartiere è grande e vi sono solo tre o quattro fontane che ha costruito il comune qualche anno fa, ma c'è sempre tante gente e bisogna aspettare prima di avere riempito il bidone di plastica.

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​Ora faccio bollire l’acqua per preparare il tè per me e la nonna. Assieme al tè, mangiamo del pane e, se ne abbiamo, del burro di arachidi. Il burro di arachidi è molto nutriente e mi permette di arrivare alla sera senza mangiare altro. Il pranzo infatti non possiamo permettercelo. Qualche volta mangiamo anche delle patate dolci che la nonna coltiva nel suo orto. L’anno scorso però c’è stata la siccità ed il raccolto è andato male. D’estate invece vado nei campi quando i manghi sono maturi e a volte riesco a portarne a casa molti. La nonna ne vende una parte e gli altri li teniamo per noi.

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La nonna è anziana e devo aiutarla a fare i lavori domestici e a coltivare il pezzetto di terreno che produce della verdura. È  nata nel distretto di Magude ed è venuta qui quando c’era la guerra civile. Io non ero ancora nato ma ho sentito dire che sono morte molte persone. Anche il nostro insegnante ne ha parlato a scuola. Oggi il nostro paese è in pace e si sente dire che la povertà sta diminuendo. Lo spero tanto ma a me sembra che tutto stia continuando come prima. Per me e per la nonna non è cambiato nulla.

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È arrivata l’ora di andare a scuola. Per fortuna non è lontana, poco più di un chilometro. Alcuni miei compagni che prima vivevano nel distretto, mi hanno raccontato che dovevano camminare più di un’ora per raggiungere la loro scuola. Ma qui, vicino alla città, non c’è da fare tutta questa strada. Oggi abbiamo una prova di matematica e spero di fare bella figura. A scuola siamo in molti e dobbiamo fare due turni: dalle 6,30 alle 10,30 e dalle 10,30 alle 14,30. Io entro nel secondo turno.

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Questa è la mia scuola. È stata costruita negli anni della guerra, quando qui giungevano molte persone dalle zone dove si combatteva per cercare rifugio. Il nostro insegnante ha detto che noi alunni siamo più di trecento ed è per questo che dobbiamo fare due turni. Ha anche detto che in certe scuole si studia in tre turni. In questa scuola non vi sono banchi e ci sediamo sul pavimento. Faccio fatica a scrivere con il quaderno appoggiato alle ginocchia. Qualche mio compagno che ha la fortuna di abitare vicino alla scuola porta da casa una sedia.

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 La prova è andata bene ed ho preso un bel voto. Vorrei poter continuare a studiare ed essere un giorno un medico o un ingegnere... Sono andato a prendere altre due taniche d’acqua perchè devo lavare i miei panni. All’inizio non sapevo bene come fare, ma poi la nonna mi ha insegnato. Non ho molti vestiti e metto sempre gli stessi. Mi piacerebbe avere un paio di scarpe, come quelle che ho visto una volta in una vetrina in città. Ma la nonna dice che non abbiamo soldi e devo accontentarmi dei sandali di plastica. Ma in casa non li uso per non rovinarli.

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 La nonna vende degli ortaggi e delle foglie di piante medicinali. Da noi molte persone si curano con le piante. A volte vado con lei nel bosco e mi indica quali raccogliere; altre volte l’aiuto a coltivare l’orto o a seminare fagioli, patate dolci e granoturco. Una parte dei prodotti li teniamo per noi e gli altri li vendiamo. Lo scorso anno ha piovuto poco e abbiamo perso quasi tutto il raccolto. Con quello che la nonna guadagna comperiamo il carbone, che usiamo per cucinare, ed altre cose come lo zucchero, il sapone, il riso o il pesce.

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È arrivata l’ora di cena. Mangiamo solo una volta al giorno, quasi sempre riso con polenta bianca, come si usa qui da noi. Qualche volta anche con le patate dolci oppure con del pesce secco. Il riso e la polenta li prepariamo fuori nel cortile. Cuciniamo con il carbone, che qui costa caro. Sento sempre la nonna lamentarsi che tutto sta aumentando. Dopo cena pulisco i tegami ed i piatti. La nonna quando tocca l’acqua le dolgono le mani. Un medico ha detto che si tratta di artrite.

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Anche oggi è stata una lunga giornata ed è ora di dormire. Non abbiamo il letto ed utilizziamo le stuoie di paglia. Io dormo in un lato della stanza, la nonna dall’altro. In questo periodo è inverno e di notte fa freddo. Per fortuna poco tempo fa un’organizzazione umanitaria ha distribuito delle coperte.

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Prima di addormentarmi penso sempre ai miei genitori. Anche se ero molto piccolo ricordo l’allegria che vi era in casa quando mio padre tornava dalla miniera e rimaneva qualche giorno con noi. Raccontava del suo lavoro e come tutto era diverso nel paese dove lavorava. Ricordo la tristezza di mia madre quando ripartiva. A volte penso anche che la nonna è anziana e la vedo sempre più debole e stanca.
Ho tanta paura di rimanere da solo...

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