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Mozambico e S. Egidio: una storia di pace



Sono passati 24 anni da quel 4 ottobre 1992, festa di San Francesco. Quel giorno, a Roma, veniva siglato l'accordo generale di pace che metteva fine alla guerra civile che aveva generato tanta sofferenza in Mozambico. Una pace nata in un piccolo convento del centro di Roma, dove una comunità cristiana, ancora molto giovane, si riuniva per pregare: Sant'Egidio. Nell'amore per i poveri, appreso dal Vangelo e dall'esempio di San Francesco, la Comunità di Sant'Egidio aveva imparato che la guerra è madre di tutte le povertà. E si era presa cura di quel povero paese martoriato dalla guerra.

A 24 anni da quello storico evento il Paese oggi è radicalmente trasformato e ha conosciuto un forte sviluppo economico e sociale. Purtroppo nuove tensioni si sono affacciate recentemente e preoccupano la comunità internazionale. Cosa fare per conservare il bene più prezioso, quello della pace, come richiede la grande maggioranza della popolazione?

Lo chiediamo a don Angelo Romano, che conosce questo Paese da tanti anni ed è stato designato come mediatore dell’Unione Europea ai negoziati attualmente in corso in Mozambico, affiancato da Mario Raffaelli che partecipò, per lo Stato italiano, al negoziato che portò agli accordi del 1992. Allora, per Sant’Egidio, a portare avanti la mediazione furono Andrea Riccardi e don Matteo Zuppi, l’attuale arcivescovo di Bologna.


Cosa è cambiato in Mozambico in questi 24 anni?

È cambiato tutto! Occorre ricordare che nel 1992 il paese era completamente distrutto ed era tra le nazioni più povere al mondo, anzi per molto tempo è stato il paese più povero al mondo. In Mozambico non si poteva viaggiare, perché le strade principali erano minate, i ponti erano stati fatti saltare e le infrastrutture distrutte: linee elettriche, strade, centri sanitari, scuole. C’erano profughi ovunque: 4 milioni di sfollati interni e 1.700.000 rifugiati, prevalentemente in Malawi, altro paese poverissimo dell’Africa australe. Il Mozambico cercava di uscire dal sistema monopartitico costruito dal Frelimo fin dall’indipendenza, ma la situazione era drammatica.


E oggi?

Oggi il Mozambico, sebbene stia attraversando un momento difficile e viva una crisi politica e militare, grazie alla pace ha conosciuto una crescita economica tra le più forti al mondo ed è considerato per molti aspetti come un modello di sviluppo, accompagnato da importanti scoperte nel settore delle materie prime. Si sono tenute elezioni politiche e sono cambiati due presidenti. Soprattutto è cambiata la popolazione, perché più della metà è nata dopo il 1992. C’è dunque una “generazione della pace” che non ha mai conosciuto la guerra e non vuole conoscerla.


Nel ’92 fu necessaria una lunga trattativa per arrivare alla pace. Quali elementi di quel negoziato possono aiutare il Mozambico a uscire dalle attuali tensioni?

Deve tornare con forza e chiarezza lo “spirito del ’92”. Ricordo che Andrea Riccardi, all’inizio delle trattative tra il partito di governo, il Frelimo, e la guerriglia della Renamo, disse che bisognava mettere da parte ciò che divideva e cercare ciò che univa. Ecco lo spirito che deve tornare. Anche considerando che ciò che oggi unisce i mozambicani è moltissimo. Solo per fare un esempio: entrambe le parti concordano sulla necessità di avviare il processo di decentralizzazione e sulle proposte in campo. Ciò che manca, al momento, è la fiducia reciproca.

E’ proprio su questo piano che stiamo lavorando con un vantaggio rispetto al 1992 perché, a differenza di 24 anni fa, i problemi concreti sono certamente minori.

Nell’aprile 2016, durante una missione in Mozambico, abbiamo suggerito al presidente Nyusi e al leader della Renamo, Afonso Dhlakama, di avviare un negoziato suggerendo la formula di “dialogo sul dialogo”, visto che entrambi erano convinti della necessità di incontrarsi ma non erano d’accordo su come iniziare a parlarsi. Sembrava un dettaglio, ma non lo era affatto. Sciolto questo nodo, si è giunti all’identificazione di 6 soggetti mediatori: l’Unione Europa (con me stesso e Mario Raffaelli che coordina il negoziato), la Chiesa cattolica (con il Nunzio apostolico e il vescovo di Maputo), i rappresentanti del presidente sudafricano Zuma, un delegato dell’ex presidente tanzaniano Kikwete, l’ex presidente del Botswana Masire e Jonathan Power, ex capo di gabinetto di Tony Blair. I lavori della Commissione mista, che comprende, oltre ai 6 mediatori internazionali, anche 6 rappresentanti della Presidenza mozambicana e 6 dell’opposizione, sono cominciati nel luglio scorso.

Auspichiamo che tra breve tempo le tensioni che sono emerse in questi ultimi due anni, possano essere risolte. Un sostegno viene dalla popolazione mozambicana e dalle molte manifestazioni a favore della pace che si sono svolte in tutte le grandi città mozambicane.




La comunità di Sant'Egidio è rimasta sempre vicina al popolo mozambicano: ha avviato un grande programma di lotta all'AIDS, una campagna per la registrazione anagrafica dei bambini "invisibili".


Al processo di pace del 1992, l'artista Stefano Di Stasio ha dedicato un grande quadro, custodito nella Sala della Pace di Sant'Egidio, ispirato al brano di Isaia 11, 6: “Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; / il leopardo si sdraierà accanto al capretto; / il vitello e il leoncello pascoleranno insieme…”.




Vi sono raffigurati, abbracciati, i protagonisti del processo negoziale, davanti alla chiesa di Sant'Egidio mentre la colomba della pace vola sulle nubi africane. In basso, il leone e l'agnello vivono insieme mentre la Pace brucia per sempre le armi.

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