I prezzi alimentari mondiali sono aumentati del 28% nel 2021, arrivando al livello più alto degli ultimi dieci anni. L’indice dei prezzi alimentari dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), che tiene traccia dei prodotti alimentari più scambiati a livello mondiale, ha infatti registrato una media di 125,7 punti nel 2021, la più alta dai 131,9 del 2011.
Questo aumento incide su tutta la popolazione mondiale, ma colpisce ovviamente di più i Paesi attraversati da conflitti e povertà. In questo dossier riprendiamo i dati dell’indice Fao, analizziamo alcune delle cause dell’aumento dei prezzi e facciamo il punto su chi soffre maggiormente dell’incremento dei prezzi delle derrate alimentari. Aumento che si va a sommare a quello sulle materie prime, affrontato nel dossier ‘Materie prime: prezzi e geopolitica’ del settembre 2021.
I rincari secondo l'indice Fao
L’Indice Fao dei prezzi alimentari ha raggiunto il picco massimo in 10 anni nel 2021. Il Ffpi, la misura della variazione mensile dei prezzi internazionali di un paniere di prodotti alimentari, consiste nella media di cinque indici dei prezzi dei gruppi di materie prime ponderati per le quote medie di esportazione. Nel 2021 l’FFPI ha registrato una media di 125,7 punti, fino al 28,1% in più rispetto all’anno precedente con tutti i sotto-indici nettamente superiori rispetto all’anno precedente.
Nel 2021, l’Indice Fao dei prezzi dei cereali ha raggiunto una media di 131,2 punti, in aumento di 28,0 punti (27,2%) rispetto al 2020 con la media annuale più alta registrata dal 2012. Nel 2021, i prezzi del mais e del grano erano del 44,1 e del 31,3% superiori rispetto al 2020. Questo a causa della forte domanda e delle forniture più limitate, soprattutto tra i principali esportatori di grano. Il riso è stato l’unico cereale principale a registrare un calo dei prezzi nel 2021, con quotazioni che sono scese in media del 4% al di sotto dei livelli del 2020.
Per il 2021 nel suo insieme, l’Indice Fao dei prezzi dell’olio vegetale ha raggiunto una media di 164,8 punti, fino a 65,4 punti (o 65,8%) rispetto al 2020, segnando il massimo annuale di tutti i tempi. I prezzi dei prodotti lattiero-caseari hanno raggiunto una media di 119,0 punti, in aumento di 17,2 punti (16,9%) rispetto al 2020. Questo secondo la Fao è dovuto alla domanda di importazioni sostenuta durante tutto l’anno, in particolare dall’Asia, e le scarse forniture esportabili dalle principali regioni produttrici.
Prezzi in aumento anche per la carne, che ha segnato un più 12,7% rispetto al 2020. La carne ovina ha registrato l’aumento più netto dei prezzi, seguita da quella bovina e di pollame, mentre i prezzi della carne suina sono diminuiti sensibilmente. In rialzo anche il prezzo delle zucchero. Per l’intero anno, l’indice Fao ha registrato una media di 109,3 punti, in aumento di 29,8 punti (o 37,5%) rispetto al 2020 e il più alto dal 2016. Una causa è stata la preoccupazione per la riduzione della produzione in Brasile dovuta alla maggiore domanda globale di zucchero.
Chi soffre di più
L’impatto dell’aumento dei prezzi del cibo è stato maggiore in luoghi come la Siria, l’Africa orientale e il Myanmar. A dirlo l’ultimo rapporto della ong italiana World Vision che indaga su come l’aumento dei prezzi alimentari sia un fattore chiave per aumentare i livelli di fame e malnutrizione a livello globale. Il rapporto Price Shocks ha confrontato il costo di un paniere di 10 articoli di base in 31 paesi e ha scoperto che se gli americani dovrebbero lavorare in media un’ora per pagare i 10 articoli, alle persone in Siria servirebbero tre giorni e in Sud Sudan otto giorni. Ad esempio, il costo delle banane rappresenta ora il 58% della retribuzione media giornaliera in Sud Sudan e il 61% in Ciad, paesi in cui centinaia di migliaia di persone soffrono la fame.
Nel dicembre 2021 Fao e Wfp avevano denunciato che il numero di persone in condizioni di grave insicurezza alimentare era arrivato alla cifra record di 28milioni nell’Africa occidentale e centrale, la più alta dal 2014, con livelli di malnutrizione acuta che superano la soglia di emergenza del 15% in alcune parti del Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger. L’aumento della fame, secondo le due agenzie Onu, è guidato da conflitti prolungati, interruzioni economiche legate alla pandemia di Covid-19, accesso limitato ai servizi sociali di base e aumento vertiginoso dei prezzi dei generi alimentari, che questo mese hanno raggiunto il massimo da dieci anni. La scarsa stagione delle piogge del 2021 ha influito anche sulla produzione di raccolti e pascoli in alcune aree.
Anche il Medio Oriente è in sofferenza. Yemen e Siria sono una delle regioni più insicure dal punto di vista alimentare al mondo, mentre molte persone in Egitto, Libano, Siria, in Palestina e Giordania vivono di sovvenzioni alimentari e soffrono di scarsità d’acqua.
Fonte: Atlante guerre
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