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Ciclone Idai: tre mesi dopo




Era la metà di marzo quando il ciclone Idai si abbatteva sulle regioni centrali del Mozambico provocando un disastro di cui non vi è memoria, peggiore delle inondazioni del 2000.



La città di Beira (500mila abitanti) ha sofferto danni al 90% delle infrastrutture (edifici scoperchiati, antenne telefoniche divelte, alberi sradicati dalle strade cittadine, muri crollati, centraline elettriche danneggiate). Nell’entroterra il danno è stato ancora più grave: migliaia di case abbattute, due fiumi esondati, raccolti rovinati, strade interrotte, ponti crollati, pozzi contaminati, villaggi scomparsi. Non è possibile calcolare il numero esatto delle vittime: quelle accertate sono oltre un migliaio ma molte sono state trascinate via dall’acqua dei fiumi. Senza tenere conto dell’epidemia di colera scoppiata dopo pochi giorni.


Migliaia di persone hanno trovato rifugio sugli alberi e, per giorni e giorni, elicotteri inviati dal vicino Sudafrica e dallo Zimbabwe, hanno sorvolato distese d’acqua cercando di trarre in salvo più persone possibile.

Solo alcuni giorni dopo il passaggio del ciclone ci si è resi conto del disastro: il governo del Mozambico ha lanciato un appello alla comunità internazionale e aiuti sono giunti da molti paesi europei (il governo italiano ha inviato medici e infermieri), asiatici e americani.

A tre mesi dall’apocalisse, oltre 530mila famiglie (oltre 2 milioni di persone) sono minacciate dalla fame (i raccolti e le riserve alimentari nelle zone rurali sono andate perdute).

Il ministero dell’agricoltura ha comunicato che sono stati distrutti 684.171 ettari di terreno coltivabile, sono stati persi 5.400 bovini, 10.300 tra pecore e capre, 123mila animali da cortile.


Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede che l’economia del Mozambico calerà del 3,8% nel 2019 con un’inflazione del 5,5%. Il FMI ha concesso al Mozambico un prestito di 105milioni di euro per iniziare la ricostruzione. Tuttavia alcune organizzazioni umanitarie giudicano severamente la concessione del prestito affermando che questa cifra dovrebbe essere considerata una donazione.

È assurdo che venga chiesta la restituzione di questa cifra e degli interessi ad un paese in queste condizioni, tanto più che il ciclone è stato causato dai mutamenti climatici causati dai paesi occidentali” hanno commentato alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie.


Resilienza: la parola d’ordine


Per la ricostruzione nelle aree colpite dal ciclone Idai, è stato calcolata una cifra che si avvicina ai 3 miliardi di dollari, dei quali 800mila per la ricostruzione delle infrastrutture della città portuale di Beira, la capitale della provincia di Sofala, pesantemente colpita dal ciclone.

Il Consiglio Municipale della città ha preparato un piano di ricostruzione che verrà presentato in occasione della Conferenza dei Donatori, prevista per i primi di giugno. La città di Beira, il secondo porto del Mozambico, costruita alla fine dell’Ottocento dai coloni portoghesi, in molti punti rimane sotto il livello del mare e questo ha causato in passato molti problemi di inondazioni.

Il piano di ricostruzione si basa in gran parte sulla resilienza, intesa in questo caso come la capacità della comunità di adattarsi a situazioni impreviste.

Abbiamo individuato zone di ricovero e studiato piani di evacuazione in caso di eventi climatici violenti e le nuove costruzioni dovranno essere resistenti al vento e ai cicloni. Stiamo elaborando un manuale su questi aspetti con un linguaggio semplice, in modo che tutti siano in grado di interpretarlo” afferma David Simango, attuale sindaco di Beira. “Presenteremo questi aspetti in programmi televisivi e nelle varie lingue locali. Il concetto di resilienza va oltre le misure applicate agli edifici per resistere ai cicloni ma sarà adattato anche alle comunità per diminuire il livello di vulnerabilità”.



Verrà inoltre data priorità al sistema di drenaggio delle acque in modo da consentire la mitigazione degli effetti di un evento climatico, oltre alla protezione dall’erosione costiera. “Tutto questo – sostiene il sindaco – non solo in risposta al ciclone, ma anche nella ricerca di soluzioni a medio e lungo periodo in previsione di eventi climatici futuri”.

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