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Immagine del redattoreMani Unite

Dopo il ciclone il colera


Come previsto, nelle regioni colpite dal ciclone si sono manifestati i primi casi di colera. Ad oggi le vittime sono dieci, mentre i casi di dissenteria acuta accertati sono oltre 2.700. L’Unicef ha dichiarato che si tratta “di una corsa contro il tempo, per limitare la diffusione dell’epidemia”.


Il colera insorge in genere per ingestione di cibo o liquidi contaminati dal virus Vibrio cholerae e le epidemie sono spesso legate alla contaminazione fecale delle riserve d’acqua o degli alimenti.



L’ONU ha calcolato che sono necessari 282milioni di dollari nei prossimi dodici mesi per sostenere il Mozambico nella gestione della fase di emergenza. La cifra verrà impiegata per ripristinate le condutture d’acqua potabile, le fognature, riabilitare i centri sanitari e gli edifici scolastici distrutti, oltre a garantire alimenti e cure alle decine di migliaia di sfollati, attualmente smistati in 54 punti di raccolta nelle provincie di Sofala, Manica e Zambezia.


Il più grande disastro


Il ciclone IDAI è stato classificato come il più grande disastro avvenuto in Mozambico, superiore alle alluvioni del 2000, che pur avevano colpito le regioni meridionali e centrali.

Ci si è resi conto di quanto realmente era accaduto solo alcuni giorni più tardi, quando i primi elicotteri hanno sorvolato le zone colpite: migliaia di ettari di terre allagate dalle piogge e dall’esondazione dei fiumi mentre, dall’infinita distesa di acque, gli alberi che emergevano e i tetti delle abitazioni rimaste miracolosamente in piedi brulicavano di persone in attesa della salvezza, senza nulla da mangiare e da bere.


Se sino ad allora si pensava che la devastazione fosse limitata alla città di Beira, distrutta per l’80% dal passaggio del ciclone, il governo mozambicano si è reso conto che ci si trovava di fronte ad un disastro di dimensioni ben più grandi: dopo aver dichiarato lo stato d’emergenza, sono stati rivolti appelli alla comunità internazionale. Il primo a muoversi è stato il vicino Sudafrica che ha inviato elicotteri che, incessantemente hanno tratto in salvo le persone in mezzo al mare d’acqua.

Poi, a partire da lunedì 18 marzo (il ciclone ha colpita nella notte tra venerdì 14 e sabato 15 marzo ma si è dovuto attendere sino a lunedì per iniziare con i voli all’interno delle zone colpite) sono iniziati ad arrivare i primi aiuti, prima dai paesi europei tra cui l’Italia e gli Stati Uniti, e più tardi da Russia, Turchia, India, Cina, Paesi asiatici ed arabi.


Una grande manifestazione di Solidarietà è giunta dallo stesso Mozambico: dalla capitale, in due giorni, sono stati raccolti decine di container di alimenti e vestiti da distribuire nelle zone colpite. Raccolte di cibo e vestiti si sono svolte anche in altre città mozambicane.



La città di Beira, capoluogo della provincia di Sofala, colpita in pieno dal passaggio del ciclone, ha avuto l’80% delle infrastrutture danneggiate ed è rimasta per lunghi giorni senza comunicazioni telefoniche, senza energia elettrica, senza acqua, con l’ospedale in gran parte inagibile per il tetto scoperchiato e la mancanza di energia elettrica. Solo dal 26 marzo, dodici giorni dopo il ciclone, è ritornata in alcuni quartieri l’energia elettrica e le linee telefoniche sono state ripristinate.


L'aiuto italiano


Il governo italiano ha risposto all’appello che il Mozambico ha rivolto alla comunità internazionale.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ricordato che "da venerdì [22 marzo] sono in costante contatto con il dipartimento Protezione civile, la Farnesina e la Difesa per coordinare le operazioni di aiuto alla popolazione, che rientrano in una missione di assistenza internazionale".

Il 25 marzo dall’aeroporto militare di Villafranca (Verona) è decollato un volo dell’Aeronautica militare con un ospedale da campo: a bordo 27 medici della Regione Piemonte, che raggiungeranno i 13 sanitari partiti il giorno precedente da Pisa. Negli stessi giorni sono partiti anche alcuni voli dalla base di pronto intervento delle Nazioni Unite di Brindisi con aiuti umanitari della Cooperazione italiana: 12 tonnellate di cibo, attrezzature sanitarie, tende, coperte e generatori di corrente.


Sul posto sono impegnati anche gli esperti del Dipartimento della Protezione Civile per coordinare le operazioni con le autorità locali e internazionali. A prenderli in consegna a Beira sono stati gli operatori dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che si occupano della distribuzione.

ciclone.



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